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Una Mina: bandiere di seta

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testo di Renato Barrella

lettura di Maria Vittoria Barrella

musica di Luca Porcelluzzi

ricerca storica di Andrea Casna

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"Una Mina" racconta la presa di coscienza di una donna lavoratrice durante il primo sciopero organizzato sul territorio tirolese. Attraverso l'alienazione del lavoro in opificio, la solidarietà fra compagne, la preparazione alla lotta e la sconfitta delle rivendicazioni salariali, la protagonista sceglierà il suo percorso di vita in opposizione ai padroni, al "tradizionale" ruolo femminile e, in generale, al bieco senso comune. "Una Mina" attinge alla documentazione storica, ma ragiona principalmente sul presente, sulla condizione precaria dei lavoratori giovani (e meno giovani!), condizione dovuta, secondo l'autore, non tanto alla strutturale azione top-down dei poteri, quanto alla mancata formulazione di resistenze bottom-up di quelle che un tempo venivano chiamate classi subalterne.

 

 

Il contesto storico di riferimento: lo sciopero del 1890

 

Il primo maggio del 1890 le operaie della filanda Tambosi a Lavis (oggi un comune di circa 9mila abitanti a nord di Trento) scioperarono per chiedere la riduzione dell'orario lavorativo. La manifestazione durò circa una settimana, ed attirò l'attenzione dei media dell'epoca.

 

Tutto ebbe inizio alla filanda Tambosi. I primi documenti risalgono al 1809 e parlano della filanda che allora apparteneva al signor Carlo Viero. La filanda era dotata di 15 fornelli e in quel periodo risultava essere una delle più grandi del Tirolo italiano.

 

Nel 1841 l'intero complesso fu venduto ai fratelli Lanfranchi i quali, dopo aver dato un grande impulso allo stabilimento, lo cedettero a Luigi Tambosi. Nel 1868 nella filanda risultavano impiegati 9 uomini, 70 ragazzi e 225 donne. A metà Ottocento la popolazione di Lavis arrivava ad un massimo di 3mila anime. Esattamente, stando al censimento del 1869 gli abitanti sono 3221, per poi calare, a causa dell'emigrazione, a 2985 abitanti.

 

Sicuramente questo stabilimento rappresentava una fonte di sostentamento importante per numerose famiglie, ma è altresì vero che le condizioni di lavoro non dovevano essere facili visto che il primo maggio del 1890 le operaie iniziarono uno sciopero per chiedere la riduzione delle ore di lavoro. Si tratta del primo sciopero organizzato di cui si abbia notizia nel Tirolo italiano. A livello internazionale, per esempio, il primo sciopero femminile, a Vienna nella capitale dell'Impero d'Austro-Ungarico è datato primo maggio 1893.

 

Le operaie della filanda scioperarono per un'intera settimana per la riduzione dell'orario di lavoro da 13 a 10 ore giornaliere.

Il caso fu trattato sui principali giornali trentini dell'epoca.

 

Il Popolo Trentino in data 1 maggio 1890 scrisse “Stamane si posero in sciopero tutte le operaie della filanda Tambosi facendo degli assembramenti nei pressi della filanda per impedire che le timide, pentendosi del passo fatto, si recassero al lavoro. Domandano che la giornata di lavoro sia ridotta a 10 ore, conservandola mercede attuale. Ora che vi scrivo (mezzogiorno) lo sciopero dura ancora, né è mia cognizione che siasi venuti ad un compimento”.

In data 3 maggio lo stesso giornale trattò nuovamente lo sciopero “Anche le operaie della filanda del Sig. Tambosi in Lavis hanno voluto rappresentare la loro parte al primo maggio. Alla mattina di detto giorno per tempissimo avreste veduto andar gironzolando per le vie della borgata delle giovani a due, a tre, a quattro....chiacchierando, bisbigliando, sussurrando – poi raccogliendosi in crocchi; indi riunirsi in massa sulla piazzetta che stà dirimpetto al palazzo del Giudizio. Che è? Che non è? Di domanda l'un l'altro. Sciopero su tutta la linea. Intanto alla filanda di da il primo fischio del vapore, a cui le operaie rispondono con grida; al secondo aumenta lo schiamazzo e incominciano a cantare una canzone d'occasione. Le scioperanti domandano che che vengano loro ridotte le ore di lavoro da 13 a 10 – ben inteso restando intatta la primiera mercede. L'agitazione muliebre durò la mattina fin verso le ore 8. Si credeva che qui fosse tutto finito e che le Autorità intervenute fra cui l'I.R. Capitano de Ebner, avessero accomodato ogni cosa, ma no, che anche dopo pranzo le scioperanti operaie si raccolgono i nuovo sulla detta piazzetta ed ivi gridano e cantano – e al fischio che le invitava al lavoro rispondono come alla mattina, e il bisbiglio continuò, in grazie del tempo piovoso, solo fin verso le ore 3 pom. A quanto si dice fu proposta alle operaie una diminuzione di opre di lavoro – con relativa diminuzione di paga; ma esse per ora rifiutarono la proposta. - Dieci ore di lavoro era la parola d'ordine”.

La Famiglia Cristiana, altro giornale trentino, in data 6 maggio 1890 riportò la seguente notizia “Dopo lungo tergiversare finalmente pare finisca. Ieri sera fu convenuto di riaprire mercoledì prossimo la filanda, la quale è chiusa dal primo maggio, e si pattuì di continuare almeno per intanto con 13 ore di lavoro”.

L'obiettivo della riduzione dell'orario di lavoro non fu immediatamente raggiunto, ma il provvedimento di concessione delle 12 ore giornaliere non tardò molto ad arrivare.

Riguardo alla tematica sull'orario, e sulla condizioni di lavoro, è interessante notare come il governo asburgico avesse già emanato, da anni, una serie di provvedimenti a tutela dei lavoratori.

 

Nelle fabbriche il lavoro minorile era proibito sotto i 14 anni e la giornata lavorativa, anche per le persone adulte, non poteva superare le 11 ore.

 

Una norma questa che probabilmente non veniva rispettata nel Titolo italiano. Luigi Tambosi in una lettera del 1887 indirizzata alla Camara di Commercio di Rovereto scriveva “La filatura, in relazione al prodotto bozzoli del paese, può dirsi ancora fiorente e più lo sarebbe se le nuove leggi industriali non l'avessero posta in condizioni di lavoro assai meno favorevoli di quelle del vicino Regno d'Italia. Infatti mentre là con un lavoro spinto a 14 ore al giorno si impiegano ragazzi da 9 anni in su, qui per effetto delle suddette leggi, quantunque mitigate dalle successive ordinanze, non si ammettono che quelle sopra i 14 anni per una durata massima di 12 o 13 ore di lavoro al giorno, e si esigono provvidenze speciali a favore degli operai ammalati e speciali adattamenti per l'igiene dei locali”.


 

Bibliografia

 

Albino Casetti, Storia di Lavis. Giurisdizione di Königsberg-Montereale, Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, 1981, Trento

 

Maria Garbari, Andrea Leonardi, Storia del Trentino. Vol. 5: L'età contemporanea 1803-1918, Istituto Trentino di Cultura, il Mulino, 2003, Milano

 

Annie Goldmann, Le donne entrano in scena. Dalle suffragette alle femministe, Giunti, 1996, Firenze

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